Prova d'Esordio II

Riscossione ricompense

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    In quella contrada del Las Oryan il terso giorno stava calando, per lasciare il posto ad una calda serata caratterizzata da ogni tipo di insetti volanti. Il sole stava per gettarsi prematuramente nel fianco di una vetta delle Creste di Ferro, inondando la piccola valle disboscata e coltivata di una luce violetta.
    Nel villaggio del contadino Jidchat - Gigetto, come si era fatto chiamare per universalizzare il suo nome - le persone entravano in casa dopo il duro lavoro di raccolta per accendere il fuoco e cucinare.
    Ma lui no, stava seduto su un ceppo di un albero non lontano dal sentiero nella Giungla, con sotto il mento il manico di una zappa dalla testa particolare
    Guardava assorto il punto in cui l'Elfo era sparito nella fitta foresta pluviale, pensando a come quegli odiosi Grods gli avevano rubato casse di patate giusto poco prima dell'alba. Per fortuna, la parte restante - una parte in ogni caso cospicua - era stata messa al sicuro, pronta ad essere venduta. Tuttavia, quell'annata sarebbe andata a mancare una parte di Aure che gli faceva tanto comodo e che di solito teneva riservata per compere più superflue, come qualche vaso per la moglie, dei giocattoli per i figli ed una scorta di Erba Rilassante per lui.
    La famiglia di Jidchat si poteva dire benestante, con molti impegno lavorativo da parte sua e della moglie - tessitrice -, e conduceva uno stile di vita rispettabile e sobrio, senza farsi mancare piccoli svaghi.
    Il contadino sembrava aver solcato la trentina, era leggermente curvo ma forte abbastanza da sapersi tenere dignitosamente su. Era basso, scuro e con un naso gibboso e pronunciato, gli occhi piccoli e a mandorla e capelli a caschetto. Il suo corpo era nodoso e non eccessivamente magro. Indossava un poncho di cotone e nella mano sinistra stringeva un cappello a falde molto larghe ottenuto da foglie di palma intrecciati.
    Era ancora impressionato dal fatto di aver trovato un Elfo della Giungla che si offrisse di sbarazzarsi dei Grods.
    Essi sono in genere persone che hanno davvero poco bisogno del denaro, come i Caltli'atn.
    In ogni caso, se fosse ritornato, non gli avrebbe negato la ricompensa e, ora che si era fatto tardi, una lauta cena.

     
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  2. Bobo--asd
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    Kurter si dirigeva verso il limite della foresta mentre in alto nel cielo, al di sopra delle cime degli alberi, il sole cominciava a calare colorando tutto il cielo di quel classico tramonto tipico della zona. Portava con sé quella famosa teca di legno che non era riuscito ad aprire e il sacchetto con le orecchie di grod, oltre a tutti i "ferri del mestiere". Si era fasciato alla bell'e meglio con delle bende tutte le ferite, per avere un aspetto più o meno decoroso, nonostante gliene importasse poco e niente. C'erano parecchi insetti nella foresta che ronzavano intorno all'elfo particolarmente sudato per gli scontri e i danni subiti, ma non davano troppo fastidio a colui che nella foresta ci viveva da parecchio tempo. Quasi senza accorgersene, stava sputando parecchio, e non solo sangue, ma continuava ad avere un pessimo sapore che in bocca, che non sapeva come farsi passare. Avrebbe potuto dare un morso a quella patata che aveva raccolto, ma visto il luogo in cui l'aveva trovata e con le creature del tutto "poco igieniche" che ronzavano ci intorno, preferiva sopportare senza farci troppo caso.
    Si toccò la spalla ancora dolorante dall'ultimo scontro con il capobanda: se l'era davvero vista brutta con quell'ultimo grod che non gli aveva lasciato scelta, costringendolo a tirare fuori il fumogeno per stenderlo. Mentre era immerso nei suoi pensieri, non si era nemmeno reso conto di essere appena uscito dalla foresta, finendo in quel sentiero dove qualcuno lo stavo osservando da lontano. La luce però si fece più intensa rispetto all'oscurità della foresta, nonostante fosse solo un debole chiarore e l'elfo alzò lo sguardo, notando quell'uomo seduto sul ceppo, quasi aspettando qualcuno. Quel qualcuno altro non era che lo stesso Kurter, che per sicurezza controllo di avere ancora quel sacchetto agganciato alla cintura; gli scappò un sorrisino, che da fuori poteva sembrare di piena soddisfazione, ma da dentro altro non era che l'avidità che si accendeva nel profondo... L'elfo non vedeva l'ora di ricevere le aure per il lavoro compiuto, oltre magari ad un extra per il capobanda.
    Arrivò fin davanti al contadino senza parlare, tornando con lo sguardo serio, allungando semplicemente il sacchetto verso di lui.


    Sono 10. 2 particolarmente difficili da prendere. Quanto mi da?

    Il suo fu quasi un grugnito, con aria di diffidenza e arroganza, ma era abituato a non parlare con nessuno, non vedeva l'ora di tornarsene a casa e non voleva perdere troppo tempo.
     
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    Finalmente l'Elfo uscì fuori dalla scura foresta, e per un momento a Jidchat quasi non venne un colpo.
    - Per i celesti dei! - pensò costernato l'uomo.
    Egli era pieno di fasciatura insanguinate, il volto stravolto, cupo e esausto e dal mento scorreva un rivolo di sangue. Non se l'era affatto passata bene. In ogni caso, alla cintura era legato un sacchetto intriso di sangue coagulato, quello dei Grods a cui presumibilmente erano state staccato le orecchie dopo la morte.
    Sebbene il suo arrivo fosse foriero di buone notizie, il contadino non poteva essere del tutto lieto a veder quel povero abitante Alto della Giungla ridotto in tal modo.
    Ad un certo punto l'Elfo si lasciò sfuggire un risolino - Per lo meno il suo spirito non si è infiacchito - si disse l'uomo, ma poi Kurter ritornò con la faccia cupa e seria, si avvicinò e senza troppi complimenti porse la sacca di orecchie.
    - Sono 10. 2 particolarmente difficili da prendere. Quanto mi da? - fece l'Elfo con tono duro e arrogante, che il buon Jidchat interpretò come immensa stanchezza. Se le cose stavano così, l'Elfo della Giungla doveva per lo meno fermarsi a mangiare del cibo cucinato. Nella sua mente, il buon Jidchat pensava che gli Elfi apprezzassero come la Gente di Bronzo la bontà del cibo cucinato e speziato, del fragrante pane di mais e bevande gustose. Non si immaginavo che in realtà molti Elfi vivessero di frutta, cacciagione abbrustolita, insetti - cucinati o vivi - pannocchie e, al massimo, patate bollite.
    Il contadino annuì, si alzò dal ceppo e con voce nasale e veloce rispose: - Oh, sì, certamente, sì. I soldi in casa mia sono, lì di ricompensa giusta discutere possiamo, già già! - poi si mise il cappello in testa. - Io molto stanco ti vedo, aspro combattimento, eh? Il minimo che io possa fare offrirti anche la cena sarebbe, anzicchennò! -.
    Poi si mise accanto all'Elfo, in segno di amicizia - Un altro piccolo sforzo, amico, casa mia vicina è! -.
    In qualunque contrada si andasse, che fosse Gente della Foresta o Gente di Bronzo, nel Valistat l'ospitalità verso gli Elfi era ben considerata, se non quasi ritenuta sacra. Difficilmente Jidchat si sarebbe lasciato sfuggire l'occasione di avere a cena un Elfo!


     
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  4. Bobo--asd
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    Il contadino reagì in modo del tutto inaspettato con l'elfo; quest'ultimo si aspettava di venir mandato via ed invece tra una cosa e l'altra si era ritrovato con un invito a cena. Inizialmente l'elfo era del tutto titubante: la sua risposta ad un primo impatto sarebbe stato un "no", come era nel suo carattere fare, ma cominciò a pensare a quello che aveva passato, alla strada che avrebbe dovuto fare per tornare a casa e alla cibo che lo aspettava. Insomma, non ci mise molto a capire che gli conveniva accettare l'invito e mettere sotto i denti qualcosa di decente, qualcosa che forse era meglio di ciò che trovava nella foresta. Il contadino era piuttosto felice di stare invitando Kurter, anche se l'elfo non ne capiva il perché... Invitare una persona nella propria casa, nutrirla a proprie spese, ben sapendo che poi avrebbe comunque dovuto sborsare ulteriori aure per la ricompensa. Per l'elfo era chiaro che tutto questo era dovuto o a stupidità o a complessi di inferiorità. Lui non aveva idea di cosa fosse l'ospitalità, ne tanto meno il significato della parola ospite. Vissuto per sempre più o meno da solo, arrangiandosi e facendo quel che poteva per sopravvivere. Il contadino si era alzato dal ceppo e messosi accanto a lui, lo stava esortando ad andare verso l'abitazione, mentre all'elfo, a suon di pensare troppo in quelle deboli condizioni, cominciarono a tornare quegli acuti mal di testa di cui era affetto. Non ne conosceva l'origine, ma li aveva sempre avuti e non ne aveva mai trovato una cura, facendoci più o meno l'abitudine. Kurter si era fermato un attimo mettendosi una mano sulla fronte, ma dopo pochi istanti, si rimise a camminare, seguendo il contadino, sperando non avesse troppe domande tediose per lui.
     
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    Il contadino e l'elfo entrarono così a passo lento nel villaggio, quasi del tutto svuotato, poiché la maggior parte degli abitanti era rientrata a casa. Le poche persone che erano fuori, per lo più vecchi che si godevano il tramonto o bambini che giocavano, rimasero sbalorditi e meravigliati nel vedere entrare un Elfo della Giungla, ed in quelle condizioni. Erano tutti con gli occhi su di lui ed il contadino.
    Jidchat ne andava fierissimo, ma dissimulava la propria contentezza con un semplice sorriso stanco.
    Arrivarono all'ingresso di una larga casa di mattoni crudi, dal lungo, spiovente e molto fitto tetto di paglia, dalla pianta rettangolare e con altre due piccole ali laterali più piccole. Sopra lo stipite vi era una grottesca maschera in legno che faceva la linguaccia.
    La porta era socchiusa, e dall'interno si sentiva arrivare un appetitoso profumo di frittura e mais cucinato.
    Jidchat aprì lentamente la porta con il manico della zappa, quasi volesse entrare di soppiatto.
    Entrate così in casa, dal pavimento di terra battuta con foglie di mais secco sparse per la casa.
    L'interno era ampio, dal tetto di paglia pendevano molte cose, per lo più cibarie: Cosciotti di antilope, carne di serpente salata e peperoncino prevalevano sulle altre, che sarebbe stato difficile catalogare a colpo d'occhio. Per terra vi erano sacchetti da cui si notavano alcune varietà di lenticchie. Vi erano poi due sacchi interi di patate, quelle che probabilmente Jidchat stesso aveva coltivato.
    Al centro vi era una piattaforma di legno leggermente rialzata, mentre attorno vi erano molti cuscini laceri.
    Vi erano diverse candele dalle strane forme in giro per la casa, ma sembravano essere posizionate in modo sicuro, in modo da non far prender fuoco ad alcuna cosa. L'aria era densa dell'odore di cucinato, nonché anche un sentore di peperoncino e terra.
    Nella stanza non c'era nessuno, ma dall'ala sinistra della casa si sentì arrivare una voce femminile che canticchiava.
    Jidchat posò la zappa, e lasciò l'elfo lì dov'era per andare dritto in cucina.
    Non appena il contadino fu entrato, la donna si girò con un mestolo di legno in mano:
    - Ninca! - esclamò contento Jidchat.
    - Malcreato! - rispose squittendo la donna, evidentemente sua moglie, picchiandolo in testa con lo strumento da cucina. - Masclazone! Malandrino! Malnato! Miscredente! - ad ogni improperio corrispondeva ad un altro colpo sulla capoccia da contadino.
    - Perché questo mi fai, donna impazzita?! - domandò dolorante Jidchat.
    - Perché in casa prima di tramonto non sei entrato, per tutto il giorno fuori sei stato! - rispose sventolando con fare guerresco il mestolo da cucina.
    - Ma per piacere! Ho portato ospiti! Ospiti nobili! Importanti! - fece con tono alto di voce, per esprimere la sua contentezza.
    - Ma non mi dire - rispose beffarda la moglie, che dunque andò nella sala da pranza. Non appena vide l'elfo, rimase di sasso, non sapendo davvero cosa fare.
    Jidchat arrivò con aria velatamente trionfante e orgogliosa.
    - Ma... - sussurrò Ninca.
    - Lui il nostro salvatore è, ucciso tutti i Grod ha, portandoci gli orecchi. - disse il contadino.
    La donna era ancora sbalordita.
    - Ma non ho preparato abbastanza... -
    - Fa niente, oggi poco mangerò, per al nostro nobile amico il mangiare dare - concluse l'uomo.
    La donna era ancora confusa, e si avvicinò a Kurter con uno sguardo a metà fra grande rispetto e grande apprensione, per le condizioni del loro ospite.
    - Il minimo che fargli potevo, offrirgli cena e cure è, oltre a soldi, ovvio. - fece Jidchat. - A proposito, amico mio sta qui, a prendere ricompensa vado - e sparì nell'altra ala della casa.
    - Oh, mamma mia - sussurrò preoccupata la donna, che poi andò per prendere un cuscino più grande e soffice degli altri.
    Lo pose poco lontano dagli altri, in modo da far appoggiare l'ospite sul muro di mattoni. - Sieda, sieda... nobile... amico? - disse imbarazzata Ninca, portandosi una mano al viso.

     
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4 replies since 4/12/2012, 00:03   42 views
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